Opera di Maurizio Orlandi e Romina Zago, in collaborazione con la Fondazione Bianciardi.
Partendo dal libro “I Minatori della Maremma” di Luciano Bianciardi e Carlo Cassola, scritto nel 1956 da un’inchiesta condotta nei mesi immediatamente successivi alla tragedia mineraria di Ribolla, in cui morirono 43 minatori, “La Teleferica“ vuole raccontare il “Viaggio” che fecero i due scrittori nei villaggi e nei paesi delle miniere della Montecatini delle Colline Metallifere, attraverso lo sguardo di ROMINA ZAGO, docente di Filosofia e Storia e fotografa, nipote di ex minatori, che ripercorrerà lo stesso percorso all’interno di quel territorio della Toscana che, nel Novecento, aveva rivestito un ruolo molto importante nel panorama economico del nostro Paese.
La narratrice, attraverso il suo viaggio, sospeso fra passato e presente, ci porta, oggi, dentro quei “luoghi della memoria”, nella vita e nella realtà quotidiana di quelle persone, le cui famiglie d’origine erano legate alla miniera, per riprendere, insieme a loro, i “fili della memoria” di una civiltà ormai quasi del tutto comparsa.
“La teleferica” nasce con l’obiettivo di ripercorrere un viaggio storico e antropologico all’interno delle comunità minerarie delle Colline Metallifere, strutturato in capitoli che possano essere identificativi e rappresentativi di quei paesi e villaggi, un tempo importanti miniere di pirite e di carbone.
Partire dalle comunità minerarie per raccontare la vita, le attese e le speranze legate al lavoro in miniera che tutti, ancora oggi, chiamano l’ ”ultimo pane”. Un viaggio intorno alla miniera per dar voce alle emozioni di tutte quelle famiglie che l’hanno vissuta, attraverso testimonianze dirette che diventano un patrimonio di una memoria condivisa.
Il viaggio ha come filo conduttore la narratrice, Romina, nipote di minatori di Niccioleta, che rivive le comunità minerarie passando dai luoghi, ormai spopolati, spesso dimenticati e riconquistati dalla vegetazione, incrociando gli sguardi dei testimoni, dando voce alle loro storie e ai loro ricordi. Un viaggio che, simbolicamente, vuole ripercorrere il tragitto che faceva “la teleferica”: dalle alture delle colline della Maremma toscana, quelli che erano i luoghi delle ex miniere, nel Mar Tirreno, fino al porto del Golfo di Follonica.
La selezione degli intervistati risponde alla necessità di rappresentare tutte le anime della miniera, dal minatore alla moglie, economa della casa; dai figli ai vari profili della comunità.
Partendo da queste premesse, l’idea è di costruire un dialogo continuo tra le immagini di oggi e i filmati di repertorio – in particolar modo dell’Istituto Luce, della Fondazione Ansaldo e dell’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico (AAMOD) – per ripercorrere la storia di queste comunità minerarie, in una continuità che sia in grado di raccontare i momenti e la memoria.
In questa prospettiva, il valore aggiunto sarà costituito dall’Archivio Corrado Banchi, fotografo fiorentino trasferitosi poi a Massa Marittima, autore del patrimonio fotografico della vita in Maremma, dalla liberazione agli anni ’90, con una particolare attenzione rivolta alla vita mineraria: Banchi è l’occhio vigile dei turni di Natale dentro ai pozzi, delle panierine, delle attese fuori dalla miniera, della disperazione e delle salme della tragedia di Ribolla del 1954. Il suo bianco e nero è il momento della realtà, l’istante immortalato che rivive negli sguardi.
Il documentario è costituito da 5 capitoli più un’introduzione.
Ogni capitolo è introdotto, con una funzione di raccordo narrativo, da sequenze tratte da “Dalle tenebre al mare” di Umberto Lenzi, regista di Massa Marittima che nel 1955 realizzò questo cortometraggio per ripercorrere il tragitto della teleferica e che alla fotografia vede proprio Corrado Banchi.
Nel filmato i carrelli della teleferica passano collegando i luoghi delle miniere – Boccheggiano, Niccioleta,
Gavorrano, Ribolla, Portiglioni. Queste immagini, girate in 16 mm, a colori, rivestono, sia dal punto di vista storico sia da quello estetico, una funzione evocativa importante, proprio per l’efficacia di far entrare nel cuore di un territorio un tempo fortemente antropizzato e che, nel Novecento, rappresentò un vero e proprio “triangolo industriale”.

